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30 Set 2021 |
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I 20 anni di occupazione militare dell’Afghanistan, conclusisi con la rovinosa fuga da Kabul, rappresentano il fallimento del ripristino della guerra come strumento di governo di un preteso “nuovo ordine internazionale” e smascherano le bugie che, in tutti questi anni, ci hanno parlato di intervento di pace. Gino Strada, del resto, ce lo ha sempre ricordato, e oggi possiamo ben chiederci a cosa sono serviti enormi costi di distruzione e il sacrificio di innumerevoli vite umane. In seguito alla caduta del Muro dell’89, invece di procedere finalmente all’attuazione dello Statuto dell’ONU, che per la prima volta nella storia dichiara la messa al bando definitiva della guerra, gli USA (e dietro ad essi l’Italia e l’“Occidente”) hanno concepito una strategia di potere pur sostenendo di volere esportare democrazia e valori universali. È più di un sospetto che, insieme a dichiarazioni di principio, si muovano corposi e inconfessati interessi economici e geopolitici. Ancora una volta constatiamo la necessità e l’urgenza di fondare le relazioni umane, sia nell’ambito dei rapporti interpersonali, sia a livello politico, sui principi della nonviolenza, che sola può dare un futuro di vera sicurezza al comune destino umano. Esprimiamo grande preoccupazione, profondo dolore e forte indignazione per quanto sta avvenendo in Afghanistan e condanniamo fermamente chi – partiti, formazioni politiche, Stati e governi, singole personalità - paventa “un’ennesima ondata migratoria” e grida al rischio di terrorismo, che si pretende ad essa collegato. Numerosi paesi europei si sono detti determinati a effettuare rimpatri forzati o espulsioni di profughi afghani verso paesi limitrofi in cui i diritti fondamentali – soprattutto delle donne - sono del tutto ignorati. L’Afghanistan non è stato un Paese sicuro nei vent’anni di occupazione occidentale, non lo era prima e non lo è ora. Esprimiamo ammirazione e solidarietà per le donne che in Afghanistan, in questi giorni di abbandono internazionale, indifese e armate solo del loro grande coraggio, stanno manifestando per i diritti di tutti: donne, bambini, categorie a gravissimo rischio di vita, come le comunità LGBT - ancora e sempre in condizioni di clandestinità - e di ogni cittadino. Per tutte queste ragioni chiediamo:
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